Bertoldo

E’ una confraternita di italiani residenti in Spagna che ha inteso identificarsi col personaggio Bertoldo , descritto a metà del 1600 da Giulio Cesare (della ) Croce di S.Giovanni in Persiceto (BO). L’autore, figlio di un fabbro, esercitò oltre che l’attività paterna, anche l’ innata vena poetica popolare e farsesca che gli consentì una vasta produzione di scritti in parte stampati ed in parte manoscritti. Per la diffusione e la commercializzazione dei suoi libelli ( quattro pagine a stampa), nei giorni di carnevale si trasformava in cantastorie e si recava in varie città. Le storielle divertenti e farsesche da lui composte, nei giorni del carnevale potevano essere diffuse essendovi “licenza ai pazzi, ai comici e ai burloni di dire e scrivere ciò che volevano per procurare allegria”. La stessa licenza era concessa ai buffoni di corte per tutti i giorni dell’anno. Il Bertoldo divenne l’esempio del “villico con scarpe grosse e cervello fino” impegnato nella lotta di sopravivenza con il re Alboino che riconosciuta la sua scaltrezza ed il suo buon senso lo costrinse a vivere a corte quale consigliere. Involontariamente ne provocò la morte avendolo costretto ad alimentarsi con le vivande raffinate dei nobili. L’ autore riferisce che Rè Alboino avrebbe fatto incidere sulla sua tomba un epitaffio in sua lode che terminava : “…morì tra acerbi duoli per non poter mangiar rape e fagioli.”

I componenti di questa confraternita si identificarono con Bertoldo avendo scoperto che le imprese di questo personaggio erano conosciute e riportate dai racconti tramandati anche in Spagna fin dal 1660 e che tutt’ora, colà, Bertoldo è ritenuto l’esempio di come un popolano può sopravivere nelle pieghe