A pochi giorni dal sequestro era gia’ stato localizzato il “covo delle BR” di via Montalcini n.18, prigione dell’On.Moro, monitorata con video camere, microfoni direzionali e posta sotto continuo controllo dall’UCIGOS dal SISMI dal SISDE oltre a squadre speciali della Polizia di Stato e dei Carabinieri. Alcuni addetti ai lavori sostennero che personale delle forze speciali, spacciatisi per dipendenti Enel o Timo avessero fatte ispezioni mirate all’interno di quel condominio ed interpellati gli occupanti, tanto che gli appartenenti alle BR autori del rapimento e della strage sarebbero stati tutti identificati. Notizie che si ritennero leggende stante che ci risultava certo che la Magistratura, per legge titolare dell’azione, brancolava nel buoi più completo. Risultava però sicurissimo che, in previsione del blitz, arano stati allertati e convogliati a Roma militari altamente specializzati in operazione di commandos per liberare l’ostaggio. Il generale Dalla Chiesa, ucciso nel 1982, verbalizzò che fù costretto a ritirare i sui uomini su ordine perentorio dell’UCIGOS, ricevuto quando già l’operazione era scattata. Da notare che alcune fonti sostenevano che la decisione di rinunciare al salvataggio dell’ostaggio sarebbe stata presa proprio a seguito della scoperta della prigione e del riscontro che quel sequestro era stato organizzato da servizi segreti stranieri per conto di Nazioni Alleate.
Da quì una situazione di CRISI tra alleati NATO e la formazione di un comitato, ristretto e segreto per “l’operazione Moro” presieduto da Cossiga. L’Unità di Crisi assunse l’esclusiva competenza.
Sono particolari intriganti quelli accertati dal nostro dipartimento di Palermo che segnalò che l’appartamento di via Montalcini, era già occupato, prima della strage di via Fani e del sequestro, da agenti segreti USA e da collaboratori RAF (sigla dell’eversione rossa tedesca(§2.)). In occasione di una intervista l’On. Cossiga rispondendo indirettamente ad una domanda precisa chiarì che non vi era spazio per trattative rispetto alla situazione creata dagli alleati, era una “situazione che non poteva essere rifiutata. I fatti furono poi coperti dal segreto di stato ed oggetto di depistaggi ed insabbiamenti. Come sopra detto, scoperto il luogo nel quale era sequestrato l’On. Aldo Moro, se fossero stati informati il Giudice Istruttore ed il PM,  avrebbero dovuto applicare la legge e liberare il sequestrato anche con l’uso delle armi ed in tal modo sarebbe venuto alla luce il complotto degli alleati e l’inamissibile loro ingerenza nella politica interna della Repubblica italiana. Cosa che sarebbe dovuta accadere ma che inspiegabilmente non accadde proprio per disposizione perentoria dell’ OCIGOS, quando già l’azione era iniziata.
La cosa ci stupì ma in quegli anni eravamo molto lontani dal sospettare le verità che accertammo successivamente e che ci fecero capire che gli “anni di piombo”,”gli opposti estremismi” “la stratergia della tensione”, “lo stragismo”, “l’esistenza del doppio Stato” erano la conseguenza diretta della strategia egemonica adottata dagli alleati liberatori.
Le troppe incongruenze, leggerezze, le mancate indagini, le omissioni riscontrate lo scollamento tra i servizi segreti, le Istituzioni, gli organi di polizia, i continui depistaggi, le soffiate e le confidenze che ci raggiungevano, le verità che altri  processi politici ci arrecarono, fecero in modo che nel 1986, avessimo un quadro chiaro della realtà.  Ci sentimmo traditi, strumentalizzati, abusati, ma complici. Noi, difensori in tanti processi politici, ci sentimmo complici involontari di quei complotti come tanti nostri clienti che troppo tardi si erano accorti di essere stati usati per azioni dirette da pupari per conto di poteri ignoti e probabilmente proprio  da quelli   che credevano di combattere.
Diversa la posizione dei magistrati che si occuparono di quei fatti in fase istruttoria o dibattimentale e degli inquirenti, la loro funzione ò diretta a scoprire la verità, quindi potevano rivedere le loro sentenze, le loro indagini i loro convincimenti e pubblicamente diffondere le verità acquisite. Esempio luminoso di onestà morale e professionale lo ha dato l’ex giudice Ferdinando Imposimato che errò nel ritenere un pavido l’On. Moro,che ritenne i Brigatisti Rossi artefici esclusivi del sequestro e della strage di via Fani. Uomo schierato a sinistra, onesto ed amante della Verità e della Giustizia ha potuto svelare nei volumi “I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia” e nel volume “La Repubblica delle stragi impunite” retroscena, documenti e fatti che hanno confermato quelle verità che noi non potremo mai dire. Noi possiamo solo GRIDARE “CHI SA PARLI!” ai pochi sopravissuti vittime e complici igniari  di quei complotti e di tanti altri conclusi con sentenza  “sbagliata” ma definitiva così come fece Francesco Montanari

IL GRIDO “CHI SA PARLI!” LANCIATO DAL DOTTORE FRANCESCO MONTANARI  E’ UN PROCLAMA  PARI A QUELLI DI ANTICA E STORICA MEMORIA DI COLORO CHE IN ASSENZA DELLA LIBERTÀ RIFIUTARONO LA VITA. IL SUO E’ IL PRIMO PIU’ FORTE E VIBRANTE PROCLAMA DI TUTTI I TEMPI CONTRO IL TRADIMENTO DELLA REPUBBLICA, DELLA DEMOCRAZIA E DELLA RESISTENZA. IL SUICIDIO DI PROTESTA DI FRANCESCO MONTANARI AVVENUTO  22/02/1996. FU IL PROCLAMA DI UN UOMO AL QUALE ERA STATA TOLTA OGNI SPERANZA. ALLORA UN QUALUNQUE SUICIDIO FACEVA IMPRESSIONE ED AVEVA RISONANZA MEDIATICA. NON QUELLO DI FRANCESCO MONTANARI CHE FU RIPORTATO IN STRIMINZITI ARTICOLI  SOLO DA QUALCHE CRONACA LOCALE. IL SUO GRIDO FU SOFFOCATO!! DA  ALLORA I SUICIDI IN ITALIA SONO STATI MIGLIAIA  E NON FANNO PIU’ NOTIZIA. AFFRONTARE FALLIMENTI, DISOCCUPAZIONE,MISERIA,  RECESSIONE E’ DIFFICILE SE CI SI TROVA  DERUBATI DI TUTTO PERSINO DELLA SPERANZA.