Pidiessino,presidente del Senato.  Nacque a Licata(Agrigento) nel 1946, iniziò la carriera di magistrato quale pretore a Barrafranca (Enna) nel 1969. Nel 1972 lo si trova al Tribunale di Palermo. Nel 1980 gli è assegnata l’inchiesta riguardante l’omicidio di PIERSANTI MATTARELLA Presidente della regione Sicilia. In tale processo , così come  Leonardo Sciascia, da subito aveva previsto, risultò la responsabilità di elementi mafiosi e il coinvolgimento  di politici.
il Giudice Pietro Grasso ebbe a ritenere quell’omicidio politico come preventivo e conservativo, voluto da qualche puparo che manovrò per impedire il compromesso storico DC e PCI.  A noi risultò che la mafia, interessata alla conservazione delle collusioni con le amministrazioni pubbliche,  si servì di un noto terrorista di estrema destra fatto venire dal  continente in cambio dell’evasione di un altro terrorista amico del Killer, detenuto nel Carcere dell’ucciardone, che poi si rifiutò di evadere.  All’epoca dei fatti  a Palermo si diceva che i pupari fossero politici DC  che si sentivano in pericolo. Altri  che il tutto doveva inquadrarsi nella lotta  per la supremazia tra due leader Dc.
A seguito di tale inchiesta il Dot.Grasso ebbe a definire la vittima “..un democristiano onesto che…”Stava provando a realizzare un nuovo progetto politico amministrativo…di moralizzazione della vita pubblica…che aveva turbato il sistema degli appalti pubblici in Sicilia..”  Nel 1985 il  magistrato Piero Grasso è nominato Giudice a latere nel “maxi processo a cosa nostra”, amico e “discepolo” di Giovanni Falcone ,fu incaricato di estendere e motivare la corposissima sentenza del maxi processo. Concluso il processo venne nominato consulente della Commissione antimafia e nel  1991  consigliere alla Direzione affari penali del Ministero della Giustizia da Claudio Martelli. Dopo la strage di Capaci e l’assassinio di Giovanni Falcone lo sostituì alla Commissione Centrale gestione pentiti. Nominato da Vigna Procuratore aggiunto presso la Direzione Nazionale Anti mafia( DIA) è applicato alle Procure di Firenze e Palermo per indagini sulle stragi del 92 e 93.
Nel 2004 si cominciò a notare tra i segretari dei partiti l’interesse per la prossima nomina alla carica di Procuratore Nazionale Antimafia che il CNM avrebbe dovuto effettuare stante che nel gennaio 2005 sarebbe scaduto il mandato  del Procuratore in carica  Pierluigi Vigna per collocamento a riposo. Titolati per tale funzione risultavano Piero Grasso Procuratore Antimafia aggiunto e Giancarlo Caselli procuratore capo a Palermo . Quest’ultimo non era molto gradito al PDL stante che aveva messo sotto processo il senatore Marcello Del’Utri ritenuto responsabile quale procuratore FININVEST di aver messo in contatto il presidente On. Berlusconi con i vertici mafiosi siciliani, affiancandogli  Vittorio Mangano un pregiudicato che Borsellino definì “La testa di ponte dell’organizzazione mafiosa al Nord”  e che gli avrebbe garantito la protezione da azioni criminose in cambio di generosi versamenti annuali alla famiglia. Forse per questa strana idea del Caselli,  L’On. Luigi Bobbio di AN( alleato F.I) aveva PRECISATO: “occorre la certezza che Caselli non sia nominato Procuratore Nazionale Anti mafia”. Destino volle che la legge Castelli “Mille Proroghe” prorogasse di altri  sei mesi al Dot. Vigna l’incarico che sarebbe scaduto  i primi di gennaio 2005 e che l’emendamento dell’On. Bobbio fissasse il limite di età del giudice al quale conferire l’incarico di Procuratore Nazionale Antimafia. Fù così  che per soli tre mesi  il Caselli si trovò escluso dal concorso.Fu nominato Grasso. Oltre a tale coincidenza, certi dietrologi, che anche tra i nostri aderenti si allineano  (sono una corrente trasversale tra le più disparate associazioni) ritengono sospetta anche una intervista radiofonica che l’On. Grasso ebbe a fare,  poco tempo dopo ad essere stato eletto senatore Pc.    In detta intervista sostenne che era da attribuirsi al Presidente Berlusconi un premio per l’opera da Lui svolta nella lotta contro la mafia, e riconoscersi  a Vittorio Mangano ( scudiero di Berlusconi, uomo di Dell’Utri e della mafia) la coerenza e la  integrità morale che lo distinguevano.Per i trasversalisti sostenitori del complotto golpista sarebbe il messaggio “subliminale” volto ad assicurare il Cavaliere circa la prosecuzione della  funzione d’intermediario e garante degli accordi intercorsi con il Pd. Si tratterebbe della conferma della politica   di distensione tra i LEADERS che sarebbe  già stata attuata dal Vigna per le indagini mafiose e confermata  dal Csm nella vicenda relativa al siluramento del Procuratore Giancarlo Caselli.